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Economia Crisi finanziaria Economisti 16.10.2008 Durante un concerto un cantante fece una bella istantanea della categoria degli “economisti” e disse: “Gli economisti sono quelle strane creature che prima di una corsa di cavalli ti spiegano quale cavallo e perché vincerà la corsa. Quando, alla fine della corsa, quel cavallo ha perso, ti spiegano perché ha perso”. Questa “foto” rappresenta una realtà.
Nell’’immaginario collettivo l’economista è,
però, quel signore che è seduto nella
stanza dei bottoni, che può essere la presidenza degli
stati uniti o in un ufficio ovattato al
settantacinquesimo piano del grattacielo di Manhattan nella sede
di una corporation e dispensa
consigli ai padroni del vaporetto servendosi di strane astruserie delle
quali
lui solo possiede il segreto. Che
le scuole di economia abbiano prodotto anche tali soggetti è
innegabile.
Ho sentito dire, durante le Olimpiadi in
Cina delle imbecillità enormi da parte di quotati commentatori
nostrani. Una di
queste diceva che gli studenti di economia dell’unico paese
“comunista” rimasto al mondo, non studiano più
sui testi
di Marx, ma studiano sui testi usati nei College di Harvard o Oxford.
Sarebbe
come dire che un studente iscritto a
legge da laureato vuole fare il cardiologo. Ora,
chi ha studia economia “deve” studiare le teorie che sono
al fondo delle
politiche economiche che i singoli governi intendono attuare, le teorie
economiche però non possono prescindere dal tipo di
società che si vuole
realizzare. Il giornalista trionfalmente diceva che i futuri economisti
“comunisti”
cinesi, studiando sui testi di Harvard o di Oxford, di fatto
testimoniavano che
non poteva darsi neanche comunismo senza neocapitalismo. Il
giornalista
avrebbe invece dovuto onestamente dire che, al di là del nome
L’economia è una scienza e fra le scienze è la più difficile, non esistono laboratori nei quali testare le varie teorie, non esistono gallerie del vento dove valutare a priori l’impatto delle scelte di politica economica sui destini delle singole famiglie, questo è verificabile solo a consuntivo. Se un economista è pagato da una corporation, da un’amministrazione statale o è inserito nella Banca Mondiale o nel FMI deve teorizzare e attuare modelli atti a uniformarsi al “Washington consensus” (insieme di politiche volte ad esaltare il ruolo del libero mercato a discapito dell'intervento dei governi nell'economia di un paese, secondo i dettami dell'orientamento neoliberista) che tanti danni ha sparso in giro per il mondo. La ricerca economica è, invece, una delle materie più affascinanti e, per le sue implicazioni, dovrebbe avere programmi di sviluppo e di studio indipendenti da organizzazioni di qualsiasi tipo che perseguono interessi particolari. Se stiamo parlando di economia, che è quella materia che nulla a che spartire con la sala bingo, dobbiamo riferisci a quella scienza che ricerca come si fa con coperta piccola a non lasciare parti scoperte del corpo.
È evidente che
i presupposti automatismi regolatori del libero mercato possono giungere a
tante soluzioni, ma certo è che gli
attori che operano nel libero mercato quella coperta se la vogliono tirare, e
ci riescono quasi sempre, dal loro lato. Questa non è
“economia” nel senso scientifico del termine, ma è un’altra cosa, molto simile
ad un atto delinquenziale. L’economista
e banchiere bengalese Muhammad Yunus (ideatore e realizzatore
del microcredito, ovvero di un sistema di piccoli prestiti destinati ad
imprenditori troppo poveri per ottenere credito dai circuiti bancari tradizionali) nel 2007 è stato insignito del Premio
Nobel per la pace . Come si vede
questi economisti non hanno nulla a che vedere con i grilli parlanti delle
“corse dei cavalli” o con quelle persone
che nei loro modelli economici studiano il modo di impadronirsi delle fonti
energetiche e che fanno scatenare guerre, per esempio: questi sono più simili
al Dottor Stanamore.
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