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Politica Né mandanti, né camerieri, solo Cittadini di un Paese libero 16/12/2009 Correva l’anno 1948 quando, il 1° di gennaio, entrò in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana. Nelle disposizione transitorie vi erano due norme, la prima diceva che era reato (ed è) inneggiare al fascismo o ricostruire il partito nazional fascista, la seconda (di recente abrogata) condannava all’esilio i discendenti diretti maschi dei Savoia. Il 18 aprile di quello stesso anno si svolsero le prime elezioni politiche dell’Italia liberata. Solo un anno e mezzo prima, il 2 giugno del 1946, l’Italia da monarchia era diventata una repubblica, a seguito di un referendum istituzionale che restituiva un paese diviso in due: i voti di scarto in favore della repubblica furono veramente pochi e i monarchici accusarono di brogli elettorali i vincitori. Ma in quell’Italia povera, devastata dalla guerra mondiale prima e dalla guerra civile poi, dove l’odio per le scorribande nazi-fasciste si poteva tagliare con il coltello, in quell’Italia non si impedì, alle prime elezioni libere, né ai gerarchi della Repubblica di Salò e nemmeno ai monarchici di presentare delle loro liste e di avere una rappresentata parlamentare che in tutto sommavano 20 deputati e 5 senatori, con un totale di voti che non superavano il 5% alla camera e il 3% al senato, questo non tenendo conto di quante ex camice nere erano confluite in altri e più moderati partiti. La “dura” legge della democrazia non ammetteva limitazioni né alla libertà di associazione, né alla libera manifestazione del pensiero, con l’unica eccezione dell’apologia di reato. Questa era l’Italia che ci hanno dato i Costituenti all’indomani del ventennio più terribile che il nostro paese abbia mai vissuto. Avere in mente queste poche nozioni storiche ci aiuta a capire che la democrazia non ha paura nemmeno di chi non la concepisce e di chi ha in mente altri sistemi. L’Italia, paese a sovranità limitata perché Yalta, perché il Piano Marshall, perché Gladio così volevano che fosse, era un paese in cui volavano parole pesanti, era un paese dove un giornale come “Cuore”, per chi se lo ricorda, con il suo feroce e irriverente umorismo, veniva venduto nelle edicole. Facciamo finta, per un attimo, che in Italia non esista la mafia, la camorra o la ‘ndrangheda e i mille altri piccoli metodi paramafiosi usati da piccoli e grandi poteri, anche perché quando si richiamano queste organizzazioni, involontariamente, in noi scatta il riflesso condizionato di pensare a questa o quella regione piuttosto che a un sistema pervasivo ed invasivo. Facciamo finta di essere in un paese più o meno normale dove, a un certo punto, salta qualcosa nei meccanismi che regolano la democrazia: bene in Italia oggi c’è un terribile fetore di maccartismo e non c’è trasmissione televisiva, intervento in parlamento che non ci dia la sensazione di un “dejà vu”. Nel film “Indiziato di reato”, che narra quella storia, uno dei perseguitati, rinnegando se stesso, torna a casa e brucia i suoi libri e fra questi “Il giovane Holden” di Salinger, terrorizzato dal fatto che perfino quel libro potesse essere la prova provata del suo “comunismo”. Nell’America degli anni ’50 indiziati di comunismo erano intellettuali, artisti, giornalisti che o dichiaravano di essere pentiti e contemporaneamente denunciavano i loro amici o avevano la carriera stroncata, vittime dell’ostracismo di chi, amici e istituzioni, decise che il libero pensiero, il pensiero non ubbidiente, le voci fuori dal coro nuocessero alla nazione. In Italia si è presa al volo l’occasione di una persona, e non importa davvero se sano o malato di mente, che ha tirato un oggetto in direzione del presidente del consiglio per consentire a Cicchitto di spiegare in parlamento che l’anti-berlusconismo è un reato. In buona sostanza, la tesi del parlamentare del PDL è che qualsiasi persona che usi le parole che sa usare per contestare Berlusconi ha armato la mano di chi ha lanciato quell’oggetto e, in quanto tale, è un mandante e quindi colpevole di anti-berlusconismo, che per definizione è comunista. A Cicchitto e a tutti coloro che non da domenica scorsa, ma da più di quindici anni a questa parte, sono al servizio di Berlusconi diciamo che noi rivendichiamo, invece, il nostro diritto di italiani di essere anti-berlusconiani, come siamo anti-fascisti, come siamo anti-americani se gli americani usano le loro armi o la CIA per imporre capi di stato, come siamo stati anti-democristiani, come siamo stati anti-andreottiani, come siamo stati anti-craxiani e moralmente molti noi hanno partecipato al lancio delle monetine. Ma tutto questo non ci ha impedito di combattere il terrorismo delle BR perché non poteva che fare male alla classe operaia, e i famigliari di Guido Rossa lo sanno bene. Rivendichiamo il diritto di essere liberi di pensarla come la pensiamo senza che nessuno osi dire che questo fa male al presidente Berlusconi, quindi al popolo italiano che lo ha voluto, quindi alla nazione. Stupido e pericoloso è chi vuole limitare il nostro sacrosanto diritto di dissentire, additandoci come colpevoli e mandanti dell’episodio accaduto a Milano, nello stesso modo in cui stupido e pericoloso sarebbe chi pensasse che il mandante morale delle malefatte di Monsignor Torquemada sia stato Gesù, nel nome del quale egli, additatoli come eretici, condannava tante persone per bene al rogo. |
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