Circolo

"Pio La Torre"

Alliste

giovedì 25 marzo 2021 19.55.12

 -

Prima pagina

Costituzione

Alliste

Sinistra

Politica

Economia

Alliste

Quarant'anni fa, il 16 gennaio 1969 Jan Palach, studente universitario di venti anni, si dava fuoco per protestare contro l'invasione sovietica della Cecoslovacchia.
Tra il 1972 e il 1976 ad Alliste operò il Circolo Culturale Giovanile "Jan Palach"

14.01.2009

Quando il telegiornale del 16 gennaio 1969 diede la notizia che un giovane di vent’anni, Jan Palach, si era dato fuoco in Piazza San Venceslao a Praga, versandosi addosso una tanica di benzina, avevo quasi 12 anni.
Che cosa aveva spinto quel ragazzo che aveva solo otto anni più di me a fare questo definitivo gesto di protesta? Alexander Dubček, presidente della Cecoslovacchia, aveva compreso che non poteva darsi socialismo senza liberta, L’Unione Sovietica, che su questo punto la pensava diversamente, mandò i carri armati a normalizzare la situazione e spedì Dubček a fare l’operaio in una fabbrica lontano da Praga.

Jan Palach pensò di dare una lezione di coraggio a quanti si arresero di fronte alla prepotenza e si trasformò in una torcia umana. Morì bruciato come gli eretici: il socialismo doveva essere la via di liberazione dell’uomo, non quella dell’oppressione.

Quanto avesse ragione Dubček e Jan Palach, lo si è capito molto tempo dopo: solo seguendo la strada tracciata Dubček l’Est non avrebbe prestato materiale prelibato agli avvoltoi del capitalismo. Nel 1969 non c’erano trasmissioni televisive di “talkshokkezze” infarcite di politici e le notizie rimanevano più impresse nella mente.
Nel 1972, un gruppo di ragazzi, ed io  fra loro, fondammo un circolo culturale e, per rimarcare la nostra indipendenza e la volontà di ricerca di una nostra strada, lo intitolammo a Jan Palach. Alliste era, ed è ancora per la verità, un paesino alla periferia dell’Europa  a cinquanta chilometri da Lecce. Il “Jan Palach” non aveva nulla da spartire con partiti e chiese, ma faceva politica. Vari furono i tentativi di altre organizzazioni di “normalizzarci”, ma probabilmente nel nostro inconscio il nome che avevamo scelto ci aveva caratterizzati come eretici renitenti alla normalizzazione.
Il Circolo Culturale “Jan Palach” era diretto da cinque o sei ragazzi tutti rigorosamente minorenni che già, in piena epoca “beatles”, aveva iniziato ad interessarsi con un certo successo al recupero delle tradizioni popolari del Salento (oggi  diventato vero e proprio business); formava gruppi di studio dove ci si confrontava su temi come aborto e divorzio e rendicontava questi lavori su un giornalino rigorosamente ciclostilato; faceva arrabbiare il potere quando nei cineforum che organizzava proiettava film del tipo “Il giorno della civetta” che diede la stura ad una lite furibonda alla fine del film in sede di dibattito a proposito della scena in cui il mafioso entrava nella sezione della Democrazia Cristiana.

Jan Palach aveva aperto una voragine nelle certezze di un piccolo e bigotto paesino.

La vecchia TV di Stato, che all’epoca non propinava il “grande fratello”, ci diede la notizia della terribile morte di quello studente universitario, che per noi diventò il nostro fratello grande che ci trasformò da bambini in giovani in un solo giorno.

Per anni ho cercato di trovare qualcosa su quel giovane, anche internet era avaro di informazioni, ciò perché quello che aveva capito qualche ragazzino di un piccolo paese del sud non era stato compreso da qualche grande. Oggi vedo che c’è addirittura un sito (www.perricordarejanpalach.eu): però giù le mani da Jan Palach.  In questa epoca di stomachevole  revisionismo è facile appropriarsi di chi si è dato fuoco per non essere proprietà di nessuno.
Non so se all’epoca noi fummo il primo o l’unico Circolo Culturale dedicato a “Jan Palach, comunque,  se altri ce ne furono, il nostro fu fra i primi”: non mi interessa il “record”, ma chi faceva parte di quel circolo può essere contento del fatto che quarant’anni prima qualcuno in un paesino del profondo sud aveva capito ciò che altri e più importanti personaggi hanno capito quarant’anni dopo. Scusate se è poco!

Piazza San Quintino, 8 Alliste (Le)