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Alliste Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu possa esprimerla (Voltaire) Riprendiamoci la libertà di dire di Luigi Crespino 11/1/2010 "Freedom house", nel suo rapporto 2009 sulla libertà di stampa, ha declassato l'Italia da "paese libero" a "paese parzialmente libero". L'Italia è l'unico paese dell'Europa Occidentale che è retrocesso nella serie B dell'informazione, tenuto conto che, in questa classifica, gli ultimi paesi considerati liberi sono il Sud Africa e la Korea del Sud Cosa significa tutto questo? Tutto ciò riguarda solo Santoro, Travaglio, Repubblica, L'espresso? Oppure è qualcosa che, come l'ossido di carbonio, sta penetrando, senza alcun odore, da ogni fessura, facendoci sembrare normale ciò che normale non è nemmeno nella Korea del Sud? Quando ci si riferisce agli Stati Uniti d'America, citando il caso del "Watergate" e alle dimissioni di Nixon dalla presidenza, non si fa riferimento ad un aneddoto, ma ci si riferisce ad una precisa regola della democrazia, anzi alla caratteristica fondante della democrazia. Carl Bernstein, giornalista alle prime armi del Washington Post, si imbatté in una storia di spionaggio che avrebbe potuto stroncare la sua carriera di giornalista sul nascere. A lui si affiancò un altro giornalista più esperto, Bob Woodward, di poco più grande di lui, ma sempre molto giovane. Insieme portarono a compimento un'inchiesta in cui il direttore del giornale si giocava posto, carriera, soldi e reputazione, l'editore si giocava la sopravvivenza di una delle più prestigiose testate giornalistiche mondiali. La colpa di Nixon? Aver fatto spiare, abusando del suo potere, il concorrente alla carica di presidente degli USA del partito democratico, al fine di indebolirlo. Questo non è un aneddoto. Questa pagina di giornalismo è stata consegnata alla storia. Così come Clinton dovette chiedere scusa, in diretta TV a reti unificate, agli americani per aver mentito su una scappatella, non per la scappatella in se, ma per avere negato la verità. Passata la terribile campagna elettorale americana, dove i partiti prima si dividono al loro interno, per scegliere il candidato e poi si uniscono per confrontarsi con il partito avversario in una campagna elettorale dura, dove volano insulti, dossier, panni sporchi, per i cittadini di quel paese il presidente eletto è il comandante in capo, è l'autorità massima che rappresenta tutto il popolo americano. Tuttavia egli non può permettersi di abusare del potere, né gli è consentito di mentire. Aneddotica? Puritanesimo? Assolutamente no! Prestigio delle Istituzioni: servirsi della propria posizione di potere per manipolare i fatti non è consentito a chi rappresenta un'istituzione. Questo è! Ma dall'altro la cosa c'è? C'è la concezione dell'informazione come sistema autonomo. Negli USA questo è garantito dal fatto che un editore vende e sta sul mercato se garantisce ai lettori, cioè all'opinione pubblica, la descrizione degli eventi così come accadono e, se accadono, non li nasconde, non si autocensura. Perché? Perché non deve compiacere nessuno dei poteri; perché sa che è elemento essenziale della democrazia. In America sono i potenti a doversi auto controllare, perché sanno di non poter contare sulla piaggeria degli organi d'informazione e, d'altro canto, gli organi di informazione non scambiano silenzio con prebende. Dunque la retrocessione dell'Italia a "paese parzialmente libero" riguarda solo il tentativo di azzittire Santoro, Travaglio, Repubblica e L'Espresso e dall'altro lato la volontà di ingrossare gli affluenti del fiume del consenso mediatico che si autocensurano per non parlare male del capo? No! Riguarda l'intero sistema dell'informazione e tutto il territorio nazionale e tutti i mezzi attraverso i quali l'informazione si può divulgare, prova ne sia che l'attuale governo non vede l'ora di mettere le mani sulla rete. Molte volte, anche noi, corriamo il rischio dell'assuefazione. Rischiamo di non accorgerci che dietro il contatto di un "amico" o la considerazione di una persona, che riteniamo insospettabile, vi sia invece un preciso messaggio. Cosa che è capitata a me personalmente. L'oggetto della considerazione, apparentemente innocua, era la pubblicazione su questo sito di alcune "determinazioni dirigenziali" che sono atti pubblici. Ma finché rimangono affisse all'albo pretorio, sistema di pubblicità legale, non succede nulla. Quando vengono pubblicati, nel senso vero del termine, cioè possono essere consultabili senza chiedere, e magari si legge che una ditta, che ha ricevuto corposi incarichi con procedure urgenti, ha rapporti stretti di parentela con un assessore, questo diventa un buon motivo per contattare il responsabile di questo sito e dire che forse si sta esagerando, che non c'è alcunché di anomalo, che tutto è in ordine. Cioè veniamo, in qualche maniera, redarguiti perché osiamo dire che "due più due fa quattro". Noi consiglieri di opposizione, al pari di tutti gli altri consiglieri, anche se ciò può risultare strano per qualcuno, rappresentiamo il consiglio comunale e quindi rappresentiamo un'istituzione. Tuttavia, assolvendo al nostro compito, descrivendo quello che succede, lo facciamo citando fatti, nomi e circostanze, senza fare illazioni e senza fare allusioni. Noi, come consiglieri di opposizione, per un cortocircuito della legge elettorale, siamo l'anello debole degli organi rappresentativi e per questo non possiamo permetterci di non citare che fatti riscontrabili. Spesso, per le nostre prese di posizione, siamo stati oggetto di dileggio; quasi sempre, per non dire sempre, siamo stati ignorati nelle nostre richieste di dibattito pubblico. In America chi si sottrae al confronto perde le elezioni. In Italia è invece un modo per far capire ai cittadini che l'altro non conta niente. Non conta niente e perché? Di chi sarebbe il compito di far capire che chi è all'opposizione conta e, per l'economia della democrazia, conta anche molto? Questo sito ci consente di dire quello che vediamo, di fare le nostre considerazioni, di riportare atti, di esporre le idee di un partito, dell'unico partito, fra l'altro, che esiste per tutto l'anno sul territorio, qualificandoci per quello che siamo. Chi ci legge sa che abbiamo fatto una scelta politica, chi ci legge sa da quale parte stiamo e questo crediamo sia un segno di chiarezza. Per noi che non abbiamo le leve del comando, e perciò nessuno ci porge il microfono per far sentire la nostra, sia pur insignificante, opinione, questo è l'unico modo di riprenderci la libertà di dire. Ma sarebbe un buon segnale se a base dell'informazione si assumesse il pensiero di Voltaire che, come dire, era uno che di "lumi" se ne intendeva. |
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