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venerdì 25 novembre 2022

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Presentato a Ruffano il 25 novembre scorso il libro di Franco La Torre “Grazie a Dio è venerdì. 20 anni di sguardi su Gerusalemme e dintorni” Ed. Icobelli €.14,00

Non voltarsi dall'altra parte

di Luigi Crespino

29/11/2011

 

Era il 13 agosto del 2007,  noi della Sezione “Pio La Torre” di Alliste trascorremmo molti mesi  per organizzare quella che sarebbe stata l’ultima Festa de “L’Unità” dei DS. Appena due mesi dopo quel partito (che conservava ancora nel suo DNA gli insegnamenti di Berlinguer) si sarebbe sciolto nel partito di Veltroni.

Fu una Festa carica di coincidenze e presagi. Avevamo da poco perso le elezioni comunali con una coalizione presentatasi in forma di Ulivo perché pagammo il prezzo di aver fatto piazza pulita dei “pendolari” della politica che saltano sulla barca che in quel momento è al comando. Per questo atto di rivolta fummo svillaneggiati, in piena campagna elettorale, da quella che avrebbe dovuto essere la “nostra” Federazione. Noi della Sezione “Pio La Torre” dovevamo abbandonare al loro destino i “collettori di voti”  per aprire le porte a nuove energie che volevano avvicinarsi alla politica.

Così decidemmo di organizzare dopo tredici anni di silenzio, gli anni in cui il partito era stato al potere del paese, la  Festa de “L’Unita”. Il caso volle che quella Festa coincidesse con il 25° anniversario dell’uccisione di Pio La Torre e del suo amico Rosario Di Salvo e a quella ricorrenza dedicammo la Festa.

Invitammo onorevoli e consiglieri del luogo ma,  vuoi perché era ferragosto  vuoi perché ci avevano chiesto di intervenire e noi avevamo detto che non erano previsti pistolotti  di politici, perché l’argomento (cioè la morte di Pio La Torre) sarebbe stato sviluppato in un filmato rievocativo avevano declinato l’invito,.

Il 13 agosto mentre scorrevano le immagini del filmato del massacro di Pio La Torre  qualcuno, che non aveva il nostro accento, commentava. Finita la proiezione, si presentò un signore che  disse: “Ciao, sono Franco, il figlio di Pio La Torre. Ero in vacanza qui. Mia moglie ha visto i manifesti e mi ha detto che non potevamo mancare a questa Festa”. Gli chiedemmo se voleva intervenire, ma capimmo che lui era Franco La Torre, suo padre era invece patrimonio della Politica italiana. Riuscimmo, però, a strappargli una fotografia.

Venerdì 25 novembre l’ho incontrato a Ruffano. Presentava il suo libro primo (“Grazie a Dio è venerdì”) e salutandolo gli ho detto: “Non ci crederai ma noi ci conosciamo già. Ci siamo incontrati ad Alliste il 13 agosto del 2007…”

“È vero, mi ha interrotto, la foto con la maglietta rossa…”. Contrariamente a quello che si potrebbe banalmente immaginare, il libro non parla di mafia ma del conflitto che, dopo la “guerra dei cento anni”,  è il più lungo della storia perché è iniziato nel 1948, quello fra Israele e Palestina. Racconta della sua esperienza di coordinatore delle ONG del Cocis che operano in quella “Striscia” maledetta. La sala della biblioteca comunale che ospitava la presentazione era abbastanza piena se si pensa che Franco La Torre è sconosciuto ai più e il suo libro narra di una storia  che non è argomento di discussione nei talk show. Quella sera mi ha anche meravigliato il fatto che, confuso fra il pubblico, c’era il sindaco uscente di Ruffano, giunto come un comune mortale, salutando l’autore in privato.

Il libro narra la sofferenza di due popoli stremati; di anziane donne israeliane che ogni mattina dalle 5 alle 8 di recano presso i check point per controllare se il loro esercito rispetta i diritti umani quando si aprono i varchi per far entrare i palestinesi nella zona di Gerusalemme dove lavorano; la vergogna di quel muro che è lungo 725 chilometri, ma racconta anche che, da tempo immemorabile, a custodire il Santo Sepolcro è una famiglia araba che apre il tempio la mattina e lo chiude al tramonto e di tanti palestinesi e israeliani, forse la maggioranza, che hanno avuto le loro famiglie sventrate da una guerra tanto lunga quanto assurda che non smettono di adoperarsi per la pace. Una realtà che la televisione non ci racconta. Ma il lettore farà meglio a leggere il libro da sé piuttosto che farselo spiegare da me.

Quello che invece volevo mettere in rilievo è un’altra cosa, per la quale vale la pena fare politica. Quella sera mi sono detto persona fortunata perché, nel corso della mia attività politica, ho incontrato due miei coetanei i cui destini viaggiano paralleli  e si sono incrociati  per gli eventi luttuosi che li hanno colpiti.

Franco La Torre e Claudio Fava, oltre ad essere siciliani, hanno diverse cose in comune. Claudio Fava, figlio del giornalista Giuseppe ucciso da “cosa nostra” il 5 gennaio 1981, sostituì alla segreteria regionale del PCI il deputato Pio La Torre (padre di Franco), ucciso dalla stessa mano a distanza di poco più di un anno, il 30 aprile del 1982.

La mafia, disse il primo a Enzo Biagi una settimana prima di essere ammazzato, che non è da confondere con quattro ladri di polli, è classe dirigente, si trova ai vertici dello stato; il secondo, mobilitò un milione di persone contro i missili a Comiso e inventò l’unico modo  per colpire efficacemente la mafia confiscando quattrini e patrimonio.

I rispettivi figli di questi due uomini hanno trovato nella tragedia vissuta in prima persona nuova linfa per continuare a “fare politica” in un modo che ti riconcilia con la politica, ma senza mai fare alcun cenno al loro status di figli di combattenti. Avrebbero potuto, solo se l’avessero voluto, chiedere qualsiasi cosa senza che nessuno avesse da ridire. Ma Claudio Fava qualche anno fa, si è visto pignorare la casa per i debiti accumulati dal giornale diretto da suo padre, “I Siciliani”, ma ha continuato la sua battaglia senza rifugiarsi nel parlamento da dove è uscito perché nell’ottobre del 2007 non si è rassegnato alla deriva centrista della sinistra; Franco La Torre si è imbarcato in un’impresa che ha dell’impossibile, quella di credere e adoperarsi affinché il conflitto israelo-palestinese finisca con la parola pace.

Molti sono i saccenti che vedono nella vittoria elettorale personale l’unico obiettivo della politica. Oggi a quella politica l’oste ha presentato il conto e sta rannicchiata in un angolo sperando che un “tecnico” li salvi dallo  “spread”. Certo si può imboccare la via della politica dal lato “giusto”, quello percorso da collusi, corrotti e corruttori ai quali, per ultimo, si sono aggiunte le macchiette; si può imboccarla in “controsenso” incontrando come ideali compagni di viaggio persone come Franco La Torre che nel suo libro dice “… ammiro molto gli israeliani e palestinesi che hanno visto in faccia la morte spesso, troppo spesso, ma non per questo si sono voltati dall'altra parte".

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