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La crisi di governo e gli orfani delle elezioni

"Pagliaccio"

15/11/2011

Se ne va con un “pagliaccio” il megalomane instauratosi ai vertici del nostro Stato democratico per lunghi 17 anni.

In realtà gli anni sono di più se contiamo la manomissione della legge sulle trasmissioni via etere, perpetuata grazie al suo sodale morto latitante e condannato in contumacia.

La battaglia è stata lunga. Cominciarono i pretori ad intimare di non trasmettere la stessa cassetta contemporaneamente grazie ad una rete di network, dando l’illusione della diretta.

Però nessun pretore andò oltre l’intimazione. Fu lo stesso gruppo FININVEST ad inventarsi l’oscuramento al quale seguirono le lacrime di vari personaggi, fra i quali Bongiorno e Zanicchi. Così cominciarono le proteste del popolo della "ruota della fortuna" che ben presto si sarebbe trasformato nel suo elettorato.

Poi l’idea geniale. Il “Mundialito”! Cos’era? Era una specie di campionato del mondo che si svolse, guarda caso, in Uruguay, nazione dove Licio Gelli era di casa.

I diritti per trasmettere questo campionato farsa se li aggiudicò, ad un prezzo esorbitante, guarda caso proprio Berlusconi. Ma cominciarono le lamentele perché le partite non potevano essere trasmesse in diretta essendo vietato dalla legge italiana un tale utilizzo dell’etere da parte  di privati.  E qui i suoi futuri elettori per poco non fanno un colpo di stato. Toccateci tutto ma non il pallone.

Fu così che il partito del pallone riuscì a far saltare le leggi sull’utilizzo dell’etere. Dal Mundialito a Forza Italia il passo, se non breve, era abbastanza scontato.

“Pagliaccio”, dunque. Ma questa è solo la parte che emerge dell’iceberg, quella che ha squagliato questa faccia di plastica, quella che ha riassunto in una sola figura tutti i difetti degli italiani, perché gli italiani ne hanno tanti di difetti. La parte sommersa di questo personaggio è quella più pericolosa. Meno male che ha fatto il “pagliaccio” altrimenti, se fosse stato più intelligente, anzi, se fosse stato intelligente sarebbe ancora saldamente al comando.

Bisogna dirlo, se si vuole essere onesti, si è fregato da solo. Nulla ha potuto chi, a qualsiasi livello, ha fatto politica in questi anni contro coloro che mutuavano il suo modo di fare politica. Più dimostravano rigore e più l’elettorato li puniva; più volevano combattere gli abusi del potere e più mazzate pendevano. Un incubo kafkiano, insomma, dal quale non è esente nemmeno la sinistra. La classe politica è stata plasmata a sua immagine e somiglianza. La politica degli annunci, l’uso dei media ha esaltato le donne e gli uomini al comando ma ha ridotto al silenzio le persone serie che si occupavano di politica.  Ricordate il caso della sindaca di Taranto Di Bello che nel corso del primo mandato era descritta come donna capace e virtuosa, salvo poi scoprire che il comune era in dissesto per la sua politica scellerata?

Pagliacci, incapaci, senza arte né parte in questi anni ne sono arrivati tanti nella stanza dei bottoni. Nella “prima repubblica” essi erano relegati nel sottogoverno. Poi la retorica sui giovani e le donne che, in quanto tali, per definizione erano più capaci dei “vecchi”. In effetti si sono rivelati più famelici e incapaci dei felloni e dei politicanti del passato, perchè alle spalle avevano il nulla televisivo.

Mai si erano visti assiepamenti di cittadini davanti al Quirinale durante il rito delle dimissioni di un governo, anche perché mai, nelle decine di crisi di governo che ha avuto l’Italia, un primo ministro aveva trasferito lo stato a casa sua. Il primo ministro dimissionario partiva da Palazzo Chigi per recarsi al Quirinale. È la cifra della politica diventata cosa nostra, privatizzata, piegata, ancor peggio che durante i periodi di dittatura, alle esigenze di un cittadino perseguito da quel che residua dello stato di diritto.

“Pagliaccio” va ben oltre l’etimologia della parola, è il riassunto di 17 anni di potere diretto e oltre un ventennio di potere indiretto. Il controllo del pubblico ministero da parte del potere esecutivo, come la “legalizzazione” delle lobby erano già vecchi pensieri che Craxi, più volte, aveva posto all’ordine del giorno. La deformazione della Costituzione materiale ebbe inizio con i suoi governi e comunque grazie alla “golden share” in mano a“Ghino di Tacco” perché il suo PSI aveva il 13%. Le prove tecniche della trasformazione della nostra repubblica da parlamentare in presidenziale ebbero inizio negli anni ’80 e proseguirono con il “pikkonatore” situato sul colle più alto di Roma per assumere livelli patologici proprio in questi anni.

Ma l’Italia o conserva la sua forma di stato fondato sulla centralità del parlamento o scivola verso forme di populismo che è ancora più pericoloso della dittatura. È successo agli italiani quello che è successo al territorio italiano: come in urbanistica tanti anni di vacatio legis hanno distrutto il territorio, così la mancata regolazione del quarto e quinto potere, in sintonia con quelle che sono le esigenze di una democrazia vera, ha fatto sì che proprio chi deteneva quel potere si insediasse a capo del governo. Per questo abbiamo vissuto in questi anni immersi nel racconto orwelliano del “grande fratello”. Sarà estremamente difficile  uscire dal berlusconismo. Le prime avvisaglie le abbiamo avute quando si è dimesso Berlusconi. Certa sinistra ha subito invocato elezioni, come la Lega e parte del PDL (in realtà questi ultimi due non vogliono le elezioni). Invocare le elezioni in questo momento significa far vincere un partito o uno schieramento, ma al tempo stesso significa far perdere la politica.

Chi è Monti? Monti è persona dell’establishment bancario, è persona nominata commissario europeo da Berlusconi e confermata nel medesimo incarico dal governo abbastanza di centro-sinistra di D’Alema. Lo sappiamo. Sappiamo anche che, a sinistra, c‘è chi vede svanire le elezioni che lo avrebbero portato a sicura vittoria e sale in cattedra per giudicare se il governo che,  speriamo, sta per nascere farà politiche di destra o di sinistra. Crediamo che costoro non abbiano voce in capitolo, visto che non hanno avuto la cortesia di ascoltare chi li ha sostenuti con impegno e sacrificio.  

Monti sarà un “monetarista” o un “keynesiano”? Intanto speriamo che sia persona credibile e creduta, nonostante gli italiani.  Oggi, se si fa caso, non c’è differenza fra il titolo del giornale di Sallusti e le affermazioni di Ferrero: entrambi puntano il dito contro Monti visto che lo “spread” ha continuato a sfondare la soglia dei 500 bp. Ma mentre Sallusti risponde al suo padrone, Ferrero e tanti anche più importanti di lui, a sinistra, dimostrano profonda ignoranza sugli accadimenti economici. Prima di fare affermazioni di tale fatta bisognerebbe capire anche i meccanismi della speculazione. Noi speriamo che Monti si ispiri a politiche  economiche di carattere keynesiano, ma ciò non determinerà meno sacrifici, soprattutto ciò non solleverà la politica e politici dalle loro responsabilità, qualunque sia stato, in questi anni, il loro ruolo in questo circo.

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