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Alliste Comune di Alliste. Cronaca dell'ennesimo consiglio comunale pieno di insulti Marchese del Grillo: "Z" 18/10/2014 Per descrivere la situazione politico-amministrativa di Alliste, mi verrebbe voglia di ricordare un libro, fatto film dal regista greco Costa-Gravas, “Z, l’orgia del potere”. La storia si svolge in una nazione immaginaria, sebbene l'autore e il regista non facciano niente per nascondere che si tratta della Grecia e del periodo che precede la “dittatura dei colonnelli”. In quella nazione “immaginaria” si vive sotto un regime monarchico, pseudo-democratico. Narra la vicenda, realmente accaduta, di un deputato socialista che morì, volutamente scarsamente curato in ospedale, a seguito di un incidente stradale per “guida in stato di ebbrezza" del suo investitore, così voleva la versione ufficiale. Il magistrato inquirente sentì puzza di bruciato e scoprì che, dietro la verità costruita, vi era un'altra realtà. Corpi deviati di quello stato "immaginario", insieme a cellule eversive di estrema destra, organizzarono l’omicidio (simulato da incidente) del deputato. Lo stesso magistrato, che scoprì gli altarini, fu deportato e torturato in un campo di concentramento allestito dalla giunta dei colonnelli che seguì alla caduta del governo conservatore, travolto dallo scandalo. La “Z”, nel titolo, è l’iniziale del termine greco “Zei”, che significa “vive”, sottinteso “[Egli] vive”. La “Z” comparve scritta sui muri della Grecia dopo l’assassinio del deputato socialista. Mi è tornato in mente questo libro, da cui fu tratto l’omonimo film del 1969, che vinse titolate rassegne cinematografiche, quando il sindaco di questo comune, il 16 ottobre scorso, nella sua solita orazione di sbeffeggiamento nei confronti dei consiglieri di SEL, rei di aver rilasciato una dichiarazione giornalistica sulla diffida del Prefetto per la convocazione del consiglio comunale per la discussione del bilancio di previsione, ha insultato i nostri consiglieri con un: “Avete fatto tutto questo per far sapere che siete vivi? Anche se so che questa dichiarazione non l’avete scritta voi [ma, sottinteso, l’Innominato – NDR]”. Ebbene sì, sindaco di Alliste: “Z”: [NOI] VIVIAMO! Ma il rispetto verso il deputato socialista, verso l’uomo di legge che non si rassegnò ad accettare la verità costruita, verso tutte le vittime del regime dei colonnelli, mi consiglia di ripiegare su “Cinecittà”, per quanto la mattanza di cui voglio discutere, sebbene non sia mattanza di persone, ma è pur sempre mattanza delle regole della democrazia! Per descrivere il fatto ci basta un attore romano, Alberto Sordi, che ha così bene interpretato il malcostume italiano (Il medico della mutua), l’insignificanza dell’italiano medio (Un borghese piccolo-piccolo) e l’arroganza del potere (Il marchese del Grillo) a tal punto da non riuscire più a distinguere l’attore dal personaggio: Nanni Moretti in un suo film disse: "Ce lo meritiamo Alberto Sordi!", appunto! Dunque l’arroganza del potere: “Io sono io e voi non siete un cazzo!", diceva il marchese del Grillo. Sì certo, per descrivere l’arroganza delle espressioni usate dal sindaco di Alliste nei confronti del nostro partito e dei nostri consiglieri basta Alberto Sordi e i suoi repellenti personaggi. Nessuna contestazione nel merito, solo la tronfia tracotanza di chi occupa una poltrona pro-tempore, pensando che, a consiglio finito, si possa andare tutti al bar a prendere un caffé insieme. L’arroganza di chi non sopporta che un atto per sua natura pubblico, quale quello della Convocazione di un consiglio comunale da parte del Prefetto (perchè, in buona sostanza, di questo si tratta), possa essere portato a conoscenza dei suoi concittadini tramite gli organi di stampa, colmando la lacuna della mancata pubblicazione nell’Albo Pretorio on-line (si fa per dire), con la complicità di quel funzionario comunale, responsabile della pubblicazione sull'Albo pretorio degli ATTI PUBBLICI. Nessuna contestazione nel merito, nessuna argomentazione dialettica in difesa della propria tesi contro quella dell’opposizione, ma solo il vecchio metodo di denigrare e sfigurare l’immagine dell’avversario: “Tu dici questo perché hai perso e ti eri ‘fissato’ di fare il sindaco” - argomento nato all’interno di quelli che avrebbero dovuto essere i miei compagni di partito e da questi untori fatto penetrare, come il fumo, in tutte le case di questo disgraziato paese; “Voi - rivolto ai due giovani consiglieri di SEL - siete strumento inconsapevole nelle mani di un burattinaio”. Si sa, la calunnia è un venticello… Quando non si può contestare il merito, e mai, dico mai, è stato fatto, si fa ricorso “agli artifici disonesti ricorrenti nelle dispute” condensati nel libro di Arthur Schopenhauer - “L’arte di avere sempre ragione” – che, nell’ “Ultimo stratagemma”, se i precedenti 37 sono andati a vuoto, suggerisce: “Quando ci si accorge che l’avversario è superiore e si finirà per avere torto, si diventi offensivi, oltraggiosi, grossolani, cioè si passi dall’oggetto della contesa (dato che lì si ha partita persa) al contendente e si attacchi in qualche modo la sua persona. (…) Con quest’ultimo stratagemma, (…), si abbandona del tutto l’oggetto e si dirige il proprio attacco contro la persona dell’avversario: si diventa dunque insolenti, perfidi, oltraggiosi, grossolani. Si tratta di un appello delle forze dello spirito a quelle del corpo o dell’animalità. Questa regola è molto popolare poiché chiunque è in grado di metterla in pratica, e viene quindi impiegata spesso”. Ma lasciando in pace il filosofo tedesco, che tuttavia conclude l’ “Ultimo stratagemma” in maniera totalmente opposta rispetto a queste prime righe, quando, il 5 gennaio del 1984, venne assassinato il Direttore del giornale “I Siciliani”, Pippo Fava, che aveva denunciato, nero su bianco, le connivenze fra politica e mafia, la grancassa della stampa di regime si affrettò a classificare (per declassare) quel delitto di stampo mafioso in delitto passionale, tentando, per questa via, di squalificare tutte le sacrosante verità che erano state scritte nel suo giornale. Il percorso giudiziario fu lento. Solo quattordici anni dopo (1998), in primo grado, fu condannato, fra gli altri, il boss mafioso Nitto Santapaola; la sentenza fu confermata nel 2001 dalla Corte d’Appello, e solo nel 2003 la Corte di Cassazione ha scritto la parola fine. Per questo, marchese del grillo pro-tempore, “Z”: perché, anche se tardi, la verità verrà a galla, come sempre! |
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