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Alliste "L’obbligo di restituire (con gli interessi) l’ingente anticipazione di liquidità complessivamente ottenuta per pagare debiti assunti senza disporre della corrispondente liquidità e l’allungamento del periodo di ammortamento dei mutui congelerà, per un lunghissimo periodo (30 anni), quote importanti di risorse che saranno destinate alla copertura di passività provenienti dal passato anziché alla copertura dei servizi e delle funzioni dell’ente." [DEL. 81/PRSP/2016 della CORTE DEI CONTI PUGLIA] CORTE DEI CONTI: Dissesto o no, l'indebitamento contratto nel 2009 dall'Amministrazione Renna paralizzerà il Comune per trent'anni 13/4/2017 Chi volesse davvero farsi un’idea sullo stato di salute finanziario del Comune di Alliste, dovrebbe leggersi le 64 pagine di fogli A4 che compongono le deliberazioni che, dal 2010 ad oggi, la Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti (da qui in avanti , per brevità C.D.C.) ha scritto sui bilanci del Comune di Alliste. Ho letto un po’ di cose scritte sull’argomento e sembra che il convincimento generale di accreditati opinionisti sia questo: se la C.D.C. opterà per il dissesto male, se invece opterà per il funzionamento del piano di rientro bene! Leggendo le 64 cartelle della C.D.C., e coordinandole con i provvedimenti che sono stati adottati dal comune di Alliste, la questione è già risolta: sarà “male” indipendentemente dalla dichiarazione di dissesto o meno! Le tasse e le imposte comunali sono al massimo consentito dalla legge, magari per qualcuna manca qualche decimale perché raggiunga il massimo: 9.50 x 1000 IMU: Massimo consentito dalla legge 2,50 x 1000TASI su prime case 2: Massimo consentito dalla legge 1 x 1000 TASI su fabbricati strumentali, categoria D (tipo, guarda caso, frantoi e “magazzini di patate”) 8 x 1000 Addizionale comunale IRPEF Discorso a parte merita la TA.RI., la Tariffa sui Rifiuti (che ha sostituito la TARSU). La TA.RI., nell’idea del legislatore, è stata congegnata in modo tale che il contribuente pagasse in base al conferito, ma ad Alliste è rimasta, di fatto, un’ulteriore tassa sulla casa. Sono state tolte tutte le riduzioni per i nuclei mono-familiari e per le seconde case. La rinegoziazione del portafoglio mutui, passati da una scadenza media 2030 alla scadenza del 2040, se da un lato diminuisce la rata annuale, dall’altra comporta un ulteriore aggravio per le generazioni future, in termini di interesse da corrispondere, che superano di molto il milione di euro (leggi qui il mio articolo: Quanto ci è costatata la rinegoziazione dei mutui). In pratica, prima della negoziazione del portafoglio mutui, il Comune avrebbe dovuto pagare rate per circa 700 mila Euro fino al 2030, dopo la rinegoziazione il comune dovrà pagare circa 400mila Euro fino al 2040, il che significa la totale paralisi dell’Ente per tre decenni. Poi c’è lo sforamento del Patto di Stabilità interno di 2,215 milioni di Euro, ben oltre i 458mila Euro già concessi, che comporta come penalità la diminuzione dei trasferimenti statali. Ci sarebbe dell’altro ma, per non appesantire il discorso, preferisco mantenermi su ciò che è più evidente e più facile da comprendere. Questi sono i dati certi, che comunque declassano la dichiarazione di dissento ad un mero dettaglio, atteso che il Piano di rientro, sia pur non rispettato e nemmeno iniziato, comporta le misure sopra elencate. La lettura delle cinque deliberazioni della C.D.C. è necessaria se si vuole dire come veramente stanno le cose, altrimenti si fa del cerchiobottismo. Anche se non vi sarà la dichiarazione di dissesto, la situazione finanziaria del Comune e dei suoi cittadini è gravissima. Per una effettiva comprensione della gravità delle deliberazioni della C.D.C. sarebbe necessario avere nozioni di contabilità pubblica e dimestichezza con qualche norma legislativa. Tuttavia, anche non essendo esperti del mestiere, la lettura dà un giudizio politico e amministrativo sulla Giunta Renna.
DELIBERAZIONE NR. 71/PRSP/2011 del 21 luglio 2011. A pagina 2 individua l’origine del problema che sta nel Bilancio 2009, totalmente ascrivibile alla giunta Renna. Nel 2009 il Comune ha contratto nuovi mutui per €. 3.912.204,18, portando l’indebitamento totale per mutui da € 4.863.072,75 a € 8.605.808,30, l’incremento, sottolinea la C.D.C., è del 76,96% In conseguenza, le rate annuali passano da un totale di €. 400.201,38 (quota capitale 169.423,63 – quota interessi € 230.777,75) ad un totale di € 694.750,40 (quota capitale € 295.652,30 – quota interessi € 399.098,11). A pagina 4 e 5 la C.D.C. spiega che, con due semplici calcoli, l’Amministrazione comunale avrebbe capito che il peso di questo indebitamento era insostenibile. Era insostenibile perché se l’accertamento delle entrate di € 3.739.553,93 lo si divide per l’importo dei mutui risultante dopo il nuovo indebitamento (€ 8.605.808,30), il risultato è 230,13%. Questo è l’indice si sostenibilità finanziaria che, per le condizioni in cui si trovava in quel momento il Comune, non avrebbe dovuto superare il 150%, così come prevedeva il DM del 24/09/2009 (vedi pagina 4 della deliberazione) Era economicamente insostenibile perché il relativo indice di sostenibilità economica (vedi pagina 5 della deliberazione) è pari al 140,90%, ben oltre il 100%. Se, dice la C.D.C., il saldo di parte corrente, al netto degli oneri finanziari, cioè i soldi disponibili, sono €. 493.080,42 come puoi pensare di pagare rate per €. 694.750,41? La delibera si conclude con un inequivocabile verdetto: dalle risultanze istruttorie del Rendiconto dell’esercizio 2009 emergono comportamenti non conformi alla sana gestione finanziaria. La delibera dispone la notifica al Presidente del consiglio, perché il Consiglio comunale potesse fare le valutazioni di competenza, come stabilito dalla legge 266/2005 al comma 168 dell’art. 1, ma il Consiglio non avrà mai notizia di questa delibera. DELIBERAZIONE 193/PRSP/2013 del 19/12/2013. Questa deliberazione analizza il Bilancio dell’anno 2011 e la C.D.C., a pagina 3, evidenzia che il saldo che misura il rispetto del patto di Stabilità interno è pari 2.125.000,00 di €, cioè lo sforamento è di 1.667.000,00 €, contro un obiettivo previsto di 458.000,00 €. Questa deliberazione merita un commento, in quanto il comune di Alliste aveva già usufruito di un aiuto. Il Patto di stabilità interno comporta il contenimento della spesa entro certi margini. Tuttavia, per non bloccare le spese in conto capitale, è previsto (Patto regionale verticale – Patto regionale orizzontale) una sorta di compensazione fra i vari comuni di una stessa regione. In definitiva, per dirla semplicemente, fatto 100 quello che tutti i comuni di una regione possono spendere, i comuni più virtuosi “prestano” capacità di spesa ai meno virtuosi per spese in conto capitale. Tale spazio finanziario in più per l’anno 2011 era di 458.000,00, ma il comune di Alliste ha utilizzato cinque volte tanto. Già il fatto di aver utilizzato il Patto Regionale (Verticale e Orizzontale) pone fuori dai comuni virtuosi il Comune di Alliste. Perché è importante il rispetto del Patto di stabilità interno? Perché la sua violazione comporta come penalità la riduzione dei trasferimenti statali. Il Comune si difende dicendo che lo sforamento è stato determinato da opere urgenti e indifferibili, quali le “zone 30”, altre rotatorie e, segnatamente, i lavori sull’edificio scolastico. La C.D.C., a pagina 5, prima smentisce il comune dicendo che su un totale di pagamenti in conto capitale di €. 3.360.468,57 solo 756.089,02 € sono relativi alla scuola, ben al di sotto dello scostamento di 1.667.000,00 €, se poi, dice a pagina 6, certe spese sono proprio necessarie bisogna approntare adeguate misure correttive a compensazione. A pagina 4, la C.D.C. rileva che tutto ciò “rappresenta una grave irregolarità contabile”, causata, ribadisce a pagina 5, dall’incidenza negativa dell’imponente opera di indebitamento realizzata nel corso dell’esercizio 2009. Infine, a pagina 7, dispone che la deliberazione sia notifica a tutto il Consiglio comunale, ma nemmeno questa approderà in consiglio. DELIBERAZIONE 194/PRSP/2015 del 23/7/2015. Questa deliberazione ha bisogno di una premessa. Le delibere precedenti si inquadravano nell’ambito di un rapporto “meramente collaborativo” della Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti. Significa che, come si chiarisce all’interno delle deliberazioni medesime, rilevati i punti di criticità del bilancio comunale, la C.D.C. dava dei suggerimenti sul come riequilibrare il bilancio. Altri organi poi avrebbero deciso, magari su segnalazione della stessa Corte dei Conti a prendere provvedimenti. Quando interviene questa deliberazione cambiano i poteri della C.D.C. A pagina 4 c’è scritto: “(…) i controlli attribuiti alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sui bilanci preventivi e sui rendiconti consuntivi degli enti locali, hanno determinato il passaggio da un modello di controllo, di carattere meramente “collaborativo”, privo di un effettivo apparato sanzionatorio e volto semplicemente a stimolare processi di autocorrezione, ad un modello di controllo cogente, dotato di efficacia inibitoria (…) e idoneo a determinare, attraverso un preciso iter procedimentale, in presenza dei relativi presupposti, il dissesto finanziario dell’ente”. Questa deliberazione si compone di ben 25 pagine e riguarda il bilancio dell’anno 2012. Viene rilevato (pag. 4) che il comune è in stato di “deficitarietà strutturale” e che (pag 5) il 2012 presenta un peggioramento rispetto agli anni 2009 – 2011 e che anche 2013 e 2014 dimostrano il permanere di tale situazione peggiorata. Il Comune di Alliste, nelle sue memorie, non nega il fatto, ma lo addebita alla “necessità di fronteggiare situazioni urgenti” La C.D.C. in effetti dice che l’effetto congiunto di “imponente indebitamento del 2009” e la “cronica incapacità dell’ente di riscuote persino le entrate ordinarie” hanno determinato il peggioramento dello squilibrio (pag. 6). Il Comune dice che tutto questo sarà risolto perché grazie ad entrate per oltre un 1,5 milioni di euro da affrancazione dei terreni (inseriti, fra l’altro fra i residui attivi) la situazione, prima o poi, si risolverà. La C.D.C. affronta l’argomento ed esprime in materia tutte le sue perplessità 1) in materia di legittimità sull’istituzione dei diritti di istruttoria (200 euro a cranio); 2) sulla tempistica dell’eventuale riscossione, una volta risolto in senso positivo la presupposta legittimità; 3) impone la cancellazione di tale voce dai residui attivi (su questa circostanza, anche prima della C.D.C., avevo relazionato su questo sito). Si legge a pagina 12: “Ai fini del rispetto del patto di stabilità interno per l’anno 2012, il Comune ha riferito che “tali entrate essendo allocate al titolo III, hanno influito nel calcolo del risultato finale determinando una differenza positiva tra il risultato netto e l’obiettivo annuale di euro 415.000,00”. L’ente ha quindi ammesso che tale accertamento è stato decisivo per il rispetto del patto di stabilità. A tale conclusione si giunge agevolmente rapportando l’importo dell’accertamento in argomento (euro 1.145.100,00) al margine di rispetto del patto di stabilità (euro 415.000,00). In altre parole, in assenza del suddetto accertamento, il Comune di Alliste, nell’esercizio 2012, avrebbe abbondantemente violato il patto di stabilità.” A pagina 14, la C.D.C. analizza la situazione di cassa del comune di Alliste e scrive: “L’esame della situazione di cassa costituisce certamente lo strumento più attendibile ed immediato per accertare il reale stato di salute delle finanze di un ente. In via esemplificativa, il costante ricorso alla anticipazione di tesoreria (art.222 D.Lgs. n.267/2000), la non completa restituzione al termine dell’esercizio finanziario della anticipazione di tesoreria ricevuta oppure l’incapacità di fare fronte ai debiti certi, liquidi ed esigibili nei tempi e con le modalità stabilite dalla legge costituiscono, anche singolarmente, elementi attestanti serie difficoltà e l’inattendibilità del conto del bilancio e, inoltre, indici sintomatici di uno stato di dissesto finanziario.”. Continua: “se un ente ricorre a tale strumento in modo costante, l’anticipazione di tesoreria muta sostanzialmente la propria natura divenendo, di fatto, una forma di vero e proprio indebitamento” . E questa si chiama “crisi di liquidità” che è l’indice che si usa per decretare se il debitore sia semplicemente inadempiente o insolvente. L’insolvenza è la motivazione che giustifica il fallimento o, nel caso di specie, il dissesto. Prosegue a pag 15 la C.D.C.: “L’impiego costante di tale strumento, peraltro, oltre a rappresentare un comportamento evidentemente difforme dalla sana gestione finanziaria, dimostra l’esistenza di squilibri finanziari gravi (generalmente derivanti dalla presenza di residui attivi insussistenti o inesigibili) che può configurare o condurre rapidamente allo stato di dissesto finanziario il quale, si ribadisce, si materializza anche nella ipotesi in cui l’ente non è in grado di fare fronte validamente, vale a dire nei tempi e con le modalità stabilite dalla legge, ai crediti certi, liquidi ed esigibili di terzi. Il ricorso sistematico ad anticipazioni di tesoreria costituisce un indice sintomatico di uno stato di dissesto (Corte dei conti, deliberazioni n.7/AUT/2011 e n.2/AUT/2012). ). L’anticipazione di tesoreria comporta normalmente oneri a carico dell’ente per il pagamento di interessi passivi che possono configurare danno erariale.” Infatti, il 31 marzo 2017 viene comunicato al consiglio comunale il “prelevamento dal Fondo di riserva, operato dalla Giunta comunale con delibera 105 del 28 dic 2016, di 9.045,00 euro per pagare gli interessi passivi sull’anticipazione di tesoreria. Colpisce il fatto che, in sede di dibattito, i consiglieri di opposizione abbiano deviato il discorso sulle sorti di un consigliere/assessore continuamente assente. Non hanno invece colto la gravità di questa comunicazione di prelevamento dal fondo di riserva. Ma anche questa è una furberia. I prelevamenti dal fondo di riserva vengono semplicemente comunicati al consiglio. Invece si tratta di una “variazione di bilancio” che è competenza del consiglio. Ed è grave ai sensi di quanto poco sopra paventato dalla C.D.C.: IL DANNO ERARIALE. Se fosse andata in Consiglio come variazione al bilancio, si sarebbe intavolata una discussione che avrebbe messo al corrente i deliberanti del rischio patrimoniale nel quale incorrono. Per tale motivo, ricorso continuato all’anticipazione di cassa, la C.D.C. dispone l’inoltro della documentazione alla Ragioneria generale dello Stato per gli adempimenti del caso. Inoltre: “La situazione molto prossima al dissesto finanziario determina, invece, la necessità di avviare la procedura di c.d. “dissesto guidato” disciplinata dall’art.6, co.2, del D.Lgs. n.149/2011. Il procedimento in argomento, infatti, è avviato in presenza di una condizione di grave carenza di liquidità alla quale l’ente locale non riesce a porre rimedio con la gestione ordinaria (Sez. Autonomie, n.2/SEZAUT/2012). Per scongiurare il dissesto finanziario è necessario, quindi, che il Comune proceda, entro 60 giorni dal ricevimento della presente deliberazione, alla approvazione di un piano di rientro relativo al pagamento di tutti i debiti certi, liquidi ed esigibili da presentare a questa Sezione nei 30 giorni successivi.” (pag. 18). La deliberazione 194, come già detto, si compone di 25 pagine. Qui sono stati riportati alcuni brani, ma la completa lettura rende bene l’idea del disastro finanziario dell’amministrazione Renna. DELIBERAZIONE 81/PRSP/2016 del 17 marzo 2016. Si compone di 12 pagine. La C.D.C. è chiamata ad esaminare il Piano di rientro richiesto ai sensi della Deliberazione 194, poco sopra descritta. Anche qui, varrebbe la pena leggerla integralmente. Si ritiene, tuttavia, che quanto asserito nelle Conclusioni, a pagina 11, non abbia bisogno di alcun commento: “L’onere di restituire gradualmente (con gli interessi) le due anticipazioni di liquidità ottenute ai sensi del D.L. n.35/2013 e n.78/2015 e il forte indebitamento (oggetto di rinegoziazione) comporteranno, inevitabilmente, l’assorbimento di una parte significativa della liquidità, reperita mediante le riscossioni, da destinare al pagamento dei debiti esigibili rimasti e al rimborso della anticipazione di tesoreria e alla ricostituzione dei fondi vincolati. Il Collegio rileva che il ricorso da parte del Comune di Alliste a due diverse anticipazioni di liquidità (con rimborso trentennale con interessi) e alla rinegoziazione dei mutui (con ammortamento sempre trentennale), pur rispettoso della vigente normativa, rinvia concretamente ad un lontano futuro l’effettivo e globale equilibrio strutturale dei conti dell’ente. L’obbligo di restituire (con gli interessi) l’ingente anticipazione di liquidità complessivamente ottenuta per pagare debiti assunti senza disporre della corrispondente liquidità e l’allungamento del periodo di ammortamento dei mutui congelerà, per un lunghissimo periodo (30 anni), quote importanti di risorse che saranno destinate alla copertura di passività provenienti dal passato anziché alla copertura dei servizi e delle funzioni dell’ente. Il piano di rientro in esame, come già indicato, non prevede una precisa scansione cronologica e obiettivi intermedi in relazione all’integrale rimborso della anticipazione di tesoreria e alla completa ricostituzione dei fondi vincolati utilizzati. L’obiettivo finale dovrà essere quindi raggiunto riducendo progressivamente e proporzionalmente, per ciascun semestre interessato dal piano di rientro (anni 2016/2018), ferma restando la prevista scansione per il pagamento dei debiti esigibili, l’attuale esposizione (anticipazione di tesoreria per euro 1.146.599,64; fondi vincolati utilizzati per euro 147.303,99). Tale aspetto sarà oggetto di attenzione in occasione di ciascun monitoraggio semestrale sulla base dei dati che verranno forniti dall’ente. Analoga attenzione sarà riservata da questa Sezione alla questione della tempestività dei pagamenti e al pagamento dei debiti che diventeranno certi, liquidi ed esigibili durante la vigenza del piano di rientro in esame. L’attività di risanamento richiesta, consistente nella soluzione dei gravi problemi di liquidità che affliggono da tempo l’ente, infatti, non potrà certamente dirsi realizzata nel caso in cui l’ente si trovi costretto ancora ad avvalersi della anticipazione di tesoreria o di fondi vincolati e in presenza di nuovi debiti certi, liquidi ed esigibili sostitutivi, parzialmente o totalmente, di quelli attualmente presenti.” Il piano di rientro, difficile da realizzare dice la C.D.C. “congelerà per un periodo lunghissimo (30 anni) quote importanti di risorse che saranno destinate alla copertura di passività provenienti dal passato anziché alla copertura dei servizi e delle funzioni dell’ente” . Si rimarca questo concetto perché all’inizio si è detto che dissesto o meno per 30 anni la comunità di Alliste dovràpagare i debiti contratti nel solo anno 2009 dall’amministrazione Renna. Sull’ultima deliberazione la 13/PRSP/2017, vi è poco da aggiungere. La minaccia del ricorso da parte della Corte dei Conti alla Procura della Repubblica competente, per il delitto di rifiuto di atti di ufficio da parte di pubblico ufficiale, cancella qualsiasi apertura di credito nei confronti di chi ha la responsabilità di aver gettato il comune nello stato di scontare la pena a 30 anni di rimborso di debiti. La vicenda narrata in questo lungo articolo è il frutto della lettura di 64 pagine di Deliberazioni della Sezione regionale di Controllo della Corte dei Conti della Puglia, non di un avversario politico. Sotto il punto di visto politico e amministrativo l’esperienza Renna è stata un disastro per i cittadini del Comune di Alliste e nessuna valanga di voti potrà cancellare il nero sul bianco. |
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